Personaggi, racconti e ricordi dei soci

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Questa è la sezione di questo sito che si occupa del passato di questo nostro amato circolo.

Qui trovano posto i racconti e i ricordi di tutti voi, soci e non, che spero tornerete spesso a visitare queste pagine.
In questa sezione ci occupiamo di alcuni di quei personaggi che hanno realmente fatto la storia del Club del Mare. Sicuramente sono molte le persone che hanno contribuito a rendere il Club del Mare quello che è oggi. Spero che non ce ne vogliano gli altri, ma sono sicuro che tutti concorderanno che questa rubrica deve iniziare parlando di Ezio, per tanti anni grande nostromo del Club del Mare , amato ed odiato da tutti noi ragazzini che temevamo i suoi rimproveri ma che potevamo passare ore a bocca aperta ad ascoltare le sue storie di vita e di mare.

Un pensiero su Ezio lo ha inviato Cesare Landi, a lungo istruttore e dirigente del Club del Mare a questo nè è seguito un altro di Giovanni Segnini (oggi vice Presidente del circolo) ed infine uno di Carlo Dotto che tratteggia anche altri apetti della vita (per così dire) sociale del club negli anni ottanta.
Segue un racconto di Sergio Rizzi dedicato ad Almiro Dini e letto dallo stesso Sergio in occasione della regata dedicata ad Almiro Dini del 7 agosto 2005.
A seguire un articolo inviatoci da Raffaele Sandolo che tratta del Lungomare Mibelli. Buona lettura!

Mi chiamo Carlo Dotto, sono uno dei campesi cresciuti negli anni ottanta a pane, vela e "manate sul topezzo" da Ezio. Già, Ezio. Perchè non puoi parlare del club senza nominare Ezio, come hanno hanno già fatto i miei amici e compagni di "disavventure". Così burbero e così buono, con lo stecchino in bocca arrivava dalla piazza e tu già cercavi di capire se era il caso di chiedere "le vele nove" per armare il Gongolo, l'ammiraglia della flotta... Spero che dentro quella cassa di legno non certo pregiato come quello dei bastimenti che governavi ti abbiano messo il guanto di pelle con il premi ago (che non so come si chiama), il filo e il panetto di sevo, perchè chissà quante vele devi ancora rammendare lassù..... E i corsi di vela? A ricordarsele tutte...C'era una scala gerarchica da seguire. Prima eri un aiuto istruttore, poi finalmente diventavi Istruttore. Il potere assoluto! Oggi si direbbe che non era politically correct, ma l'uomo boa era una specie di rito d'iniziazione al quale non potevi sottrarti. Quando il gommone era all'ancora per seguire le barche del corso e si presentava un'emergenza la cosa più veloce da fare per partire subito era mettere due o tre salvagenti addosso al "malcapitato" e legargli la cima dell'ancora al polso trasformandolo così in boa umana! E le punizioni corporali inflitte da Piero Pertici? Tranquilli, nulla di cruento. Solo delle mollette da bucato applicate in varie parti del viso...Si rideva in quegli anni, si rideva tanto. E la cosa coinvolgeva anche gli alunni, che ancora oggi dopo vent'anni mi fermano dicendo "ti ricordi la guerra a fette d'anguria" o gli assalti a bordo da parte degli "uomini rana?" Perchè non scriviamo a turno degli episodi accaduti in quegli anni? Non ci costerà fatica, credetemi. Sarà un modo per sorridere ancora una volta dopo tanti anni... Inizio io, sperando che la cosa abbia un seguito... Un giorno a fine corso decidemmo di andare a "scaricare" un albero di albicocche che si trovava dietro la spiaggia di galenzana. L'equipaggio del gommone era composto da me e da una banda di disutili in funzione di aiuto istruttori quali Tonino Munno, Ruggero Lipani, Marco Landi, il Baldacci, il Danesi, il Guidetti e qualcun'altro che non ricordo. Arrivati sul posto con una scusa ritorno sul gommone e parto a tutta velocità verso il Club del Mare lasciandogli due possibilità: Tornare a piedi (scalzi) via terra o a nuoto attraversando fra l'altro il tubo di scarico dei liquami che allora (come oggi, sigh ) sversava fuori dalla diga. Arrivato a terra stavo raccontando a Ezio l'accaduto quando durante la sua partaccia stemperata da un malcelato sorriso sardonico, vedo tutta la banda che faceva capolino dalle barche ormeggiate muovendosi di soppiatto come incursori! Ho avuto appena il tempo di scappare con la macchina e di nasconderla (per due giorni) per evitare le ovvie rappresaglie. Il bello è che un paio di giorni prima, innervosito dall'ennesima ditata su un corpomorto sotterrato male, lo dissotterravo scagliandolo a largo accompagato da diversi moccoli. Il corpomorto era del povero Ricci, Dio lo abbia in gloria. E sempre il Ricci caricò a bordo i ragazzi per riportarli a terra. Quindi, quando lui sorridendo il giorno dopo mi chiese "allora sei stato tu, eh vigliacco!" io credendo che mi parlasse dell'ormeggio e non del passagiio di ritorno ai ragazzi risposi candidamente "abbiate pazienza, ho esagerato, ma su quel corpomorto ci ho sbattuto le dita due o tre volte...." . Non avevo ancora finito di parlare che il volto di Ricci passò dal candido al rosso vivo, cominciò ad urlare come un ossesso e accortomi della gaffe fatta dovetti darmela a gambe levate! Seguirono due giorni di latitanza dal club, con Ezio che quando mi vedeva sorrideva e con la mano a taglio mi faceva il gesto del "quando ti piglia lo vedi"!

Spero di non essermi dilungato troppo e di avervi fatto sorridere. Spero anche di leggere presto qualche altro racconto dei ragazzi del club, per ricordarci insieme quante ne abbiamo conbinate....
Un saluto a tutti,

Carlo Dotto

Ezio (di Cesare Landi)

"Fra i tanti personaggi che hanno animato la vita del nostro Club mi viene per primo in mente Ezio. Ezio il nostromo del Club che faceva da nonno un po’ a tutti sia campesi che forestieri. Forse è il primo perché nello stesso periodo in cui lui era nostromo io ero uno degli istruttori. Mi rimangono i ricordi di quando raccontava, al fresco della tenda, le sue storie ed anche i consigli su come andare in mare. Ma più di tutto le sue frasi storiche: "ti faccio legge cinque pagine di questo libro" mostrando la mano; "o che o come" (traduzione: alla fine); "c’era un vento che faceva rovescià l’unghie dentro le scarpe"; mi ricordo anche qualcosa a proposito di "schiumetta".Mi ricordo delle sue "famose" riparazioni con la vetroresina, ne usava talmente tanta che spesso le mani ne erano piene.Delle sue mani enormi e del male quando arrivavano sul topezzo mentre dormivo sdraiato sulle panche dentro il Club. Della sua barca nera con la striscia gialla con cui andava a pescare.Di una volta che andò in Galenzana (io non l’ho mai chiamata Calenzana) a "vedere" l’ormeggio della barca…... .Delle spaghettate alla fine di ogni corso e del bene sincero che gli volevano tutti i bambini.Della corsa che ci ha fatto fare a me e a Giovanni quando issammo per i piedi Ruggero (Tonino era già pronto per sostituirlo) alla struttura della tenda. Appena ci vide dal ponte cominciò a correre e noi via come il vento, restammo fuggiaschi per 2 giorn.Ma la cosa più bella è l’armonia di come abbiamo vissuto tutti insieme.Grazie per tutti gli insegnamenti sul mare e per come ci hai voluto bene."

Cesare Landi

Ezio
Ezio alle prese con la preparazione del pranzo del dopo regata

Ezio (di Giovanni Segnini)

Faccio, innanzi tutto, i complimenti all'ideatore di questa rubrica cercando di dare il mio modestissimo primo contributo.
Cesare ha sicuramente ragione nell'affermare che, fra tutti gli importanti personaggi che hanno fatto la storia del nostro club, il grande Ezio è sicuramente quello più rappresentativo. Gli aneddoti da raccontare sarebbero infiniti ma quello che, più fortemente, rimane impresso della figura del "NOSTROMO" è la sua personalità, all'apparenza burbera ma in realtà di una bontà eccezionale. Oserei dire che Ezio era babbo, maestro ma soprattutto amico di tutti quei ragazzi della mia generazione che frequentavano (VIVEVANO) il club e che hanno appreso l'amore per il mare che lui ha trasmesso. Faccio qualche "nome" con cui Ezio affettuosamente ci chiamava: · BRUCIA PINZINI è il sottoscritto e mio fratello Michele, derivante dal fatto che siamo i nipoti del Bertelli del forno, · SINDACHINO, Cesare Landi, dato dal fatto che il babbo è stato per tanti anni Sindaco del nostro Comune, · STELLATINO, Carlo Dotto, (Personaggio anch'esso ed ideatore della "Regata di Porto Cacciamo) soprannome ereditato dal nonno, · MECOZZINO, Roberto Meozzi, solamente perché non riusciva a ricordarsi il vero cognome, ecc……… Ancora oggi a distanza di molti anni, quando ci incontriamo, nei nostri discorsi rievochiamo sempre i ricordi delle giornate passate insieme ad Ezio ed immancabili sono i suoi famosi detti, già accennati da Cesare. Viceversa quando Ezio incontra a noi le prime sue parole vanno alla ricerca di notizie sul resto del gruppo che non vede da tempo. Questo a testimonianza della profonda amicizia che ci lega. Un GRAZIE dal profondo del cuore ad Ezio per tutto quello che ci ha dato e continua a darci. Un GRAZIE per averci fatto innamorare del mare ed in particolare per lo sport della vela che continua a darci bellissime emozioni, continua a distanza di venticinque anni a far stare insieme un gruppo di amici, ognuno con la propria vita, con il proprio lavoro, con la propria famiglia e qualcuno con dei figli.


Giovanni Segnini


Ezio
Ezio ... in veste di cuoco

 

Racconto di Sergio Rizzi dedicato ad Almiro Dini:

AL CLUB DEL MARE LA REGATA PER IL "TROFEO ALMIRO DINI" / 6-7 AGOSTO 2005

Dunque la Regata di Almiro Dini è la manifestazione che Lo ricorda sul mare, come è giusto che sia, Lui che del mare era, a ragione, il Grande Maestro. Ma di quest'uomo, ruvido, scontroso ma dal grandissimo cuore che mi ha regalato i quindici giorni tra i più belli della mia vita, vorrei brevemente ricordare altri significativi momenti, recuperandoli proprio da quei 15 giorni di 10 anni fa quando mi prese a fare il mozzo a giro per il mar Tirreno sul Cavo Durno, la barca che, come sapete, si era costruito da sé. Un'esperienza indimenticabile: con Almiro e Piero Ulivelli, e, su un'altra barca, l'Ombra Blu, il Pilota Marcello Perez e Giulio Montauti, un piombinese di Lucca. Siamo in mare e Almiro, annuncia subito, a fronte delle notizie dei bollettini che il suo barometro è sempre alto, ed ancora che se il mare fosse sempre in bonaccia navigherebbero solo i preti. A Porto Ercole dove arriviamo il giorno successivo non ci sarebbe spazio di ormeggio, anche perché una parte della banchina dovrebbe essere riservata ai pescherecci. Ma Almiro non si scoraggia di certo, lancia una cima a terra verso una gran bitta e: lasci fare, dia volta, dia volta. Pochi minuti dopo arriva da terra Marione, ex Nostromo della Navigazione Toscana, e Loris, l'amico che affiancava Almiro in cima all'albero quando, volendo restituirgli l'accendino, volò sul ponte da 14 metri! Così è fatta e ci ormeggiamo, noi ed anche Marcello e Giulio; in queste situazioni Almiro, che sistema le cose anche coi pescherecci in arrivo, è veramente grande. Si supera solo in mare dove, bisogna riconoscerlo, in ogni tipo di manovre, è veramente immenso. Lasciamo la costa, poi la bellissima isola di Ponza, per il mare aperto verso la Sardegna: traversata lunga (un giorno e una notte) e stupenda: un quarto di luna ci regala una striscia d'argento che si rompe contro di noi. Rumori zero, solo mare e l'onda sulla chiglia…esperienza eccezionale: amici miei grazie. Ottiolu, Porto Paolo, Tavolara e Cala Volpe. Qui Almiro e Piero riescono a portare il Cavo Durno nell'ansa più a ridosso dove l'acqua, come rivelano gli strumenti, è alta meno di tre metri. Stupore generale: navigare è un'arte e certo non si impara in breve tempo. Per me quasi certamente mai… Mangiamo uova e pomodori dal momento che l'insalata di riso residua ha subito un danno irreparabile: lasciata, con coperchio, nel lavello di cucina da Piero per evitare che si rovesciasse in navigazione, è stata interamente e irrimediabilmente annacquata dal sottoscritto mozzo durante la preparazione del caffè. Scrivo nel diario: deve essere duro sopportarmi. Almiro commenta: ne combina sempre nere. Ora muoviamo per l'isola di Santo Stefano dove ormeggiamo a Cala di Villamarina. Questa volta il luogo è davvero solitario: no telefoni, no ristoranti e bar, no case. Sei vecchie piazzole militari, una cava di granito in disuso, materiali arrugginiti e abbandonati; tutt'intorno, in cima alla cava, macroscopiche sculture spontanee di granito, testimoni muti di una remota attività. Un paesaggio duro ed insieme affascinante, una pace totale. Il bel sogno dura poco perché l'arrivo di una ciarliera signora all'ormeggio ci riporta alla realtà. Almiro sorte come un siluro dalla cabina di poppa: cos'è questo casino?… Silenzio immediato. Più tardi Giulio, assistito da Almiro e Marcello, si immerge con bombole e respiratore per effettuare una piccola riparazione alla sua barca. Io che sott'acqua non ci marcio, sto in apprensione; Marcello scherza per tranquillizzarmi e Almiro, seduto nel pozzetto, è il solito Almiro: salgono le bolle in superficie? Allora è vivo. Al mattino tutti in forma e in rotta per Bonifacio con barche tutte invelate. Nelle Bocche il vento rinforza parecchio e il Cavo Durno è sbandato sul mare da 10 a 15 gradi pur non imbarcando acqua. L'esperienza è entusiasmante ma riduce notevolmente la personale speranza di elevare di un minimo, in queste condizioni, il mio contributo alla manovra. Il colpo decisivo poi mi viene dato all'arrivo quando, di fronte all'ingresso del porto, ammainando la velatura, Almiro in piedi sul bompresso, con barca sbandata, recupera le vele con manovre da acrobata. Dopo Bonifacio la nostra meta è Porto Vecchio, situato in fondo ad un grande golfo aperto tra Punta Chiappa e S. Cipriano. Diamo fondo all'entrata del golfo e qui ci aspetta la consacrazione completa del Maestro. Infatti nel pomeriggio abbiamo la visita di un navigatore olandese anch'egli alla fonda in rada. Ci gira attorno sul canotto con atteggiamento ammirato: "battello molto interessante". Almiro lo fa salire a bordo: scambio di osservazioni tecniche. L'olandese è sempre più ammirato anche sulla sistemazione degli interni, particolarmente per il quadrato centrale e la soluzione (mai vista prima, dice) del tavolo da pranzo che, con le due parti interne ribaltabili, risolve l'organizzazione dello spazio di sosta e di passaggio in modo assolutamente nuovo ed esemplare. Condivido interamente: complimenti ad Almiro, navigatore e designer. Non poteva che essere così: i grandi Maestri sono Maestri in ogni arte. Grazie mio carissimo e sempre presente amico: qui al tuo Club Del Mare nessuno Ti dimenticherà mai. Buon vento, Almiro….

( il mozzo Sergio Rizzi)



Pubblichiamo di seguito interesanti articoli di Raffaele Sandolo dedicati a Marina di Campo

Guardando il lungomare di Campo
Il lungomare Generale Fabio Mibelli fra passato e presente


Marina di Campo, nel sole di un mattino di mezz'estate, immersi nel silenzio del mare e affascinati dal paesaggio. Dal moletto, seduti su una bitta, colonnetta bassa e robusta di granito utilizzata dalle barche per gli ormeggi, guardando verso la spiaggia, si può ammirare l'ampio panorama in tutto il suo splendore. Dietro, nello specchio d'acqua di mezzo, di fronte alle Scalinate, non ci sono più i bastimenti di un tempo, dedicati al trasporto delle botti di vino e del granito ma solo pescherecci, motoscafi e panfili. Di fronte, la bellezza di Campo, così chiamato il paese dagli elbani, si esprime con colori e profumi in un'atmosfera serena che incanta l'animo. Il mare e la spiaggia, il piano e i monti infondono serenità ed evidenziano le cime frastagliate delle Calanche, tinte di un leggero rosa. Scorrendo l'occhio lungo la linea arcuata che segue la spiaggia, dove oggi il lungomare Generale Fabio Mibelli si allunga presentando nel lato mare delle splendide piante di oleandro e un filare di pini dalle verdi chiome da cui spunta il campanile della nuova chiesa di S. Gaetano. Lo sguardo si posa sull'armonia delle forme e dei colori ... e nascono emozioni profonde dal sapore d'antico Sulla sinistra si vede piazzetta Milano, ex piazza del Tembien, dove la vecchia fontana gioia di grandi e di bambini, è stata sostituita dalla nuova fontana, sempre circolare, di stile moderno.

Fontana
La fontana di piazzetta Milano

Sulla piazzetta c'è una facciata del Residence Miramare, ex Albergo-Ristorante Principe Vittorio Emanuele e poi Albergo Miramare di Ezio Dini, che nasconde via delle Case Nuove. Nella via si trova il caseggiato che fu del Generale Fabio Mibelli, personaggio molto stimato dai campesi, che preferiva tuttavia vivere nella sua villa di Galenzana, nel silenzio della natura. A fianco dell'Albergo s'intravvede piazza della Vittoria, chiamata comunemente piazza del Monumento, dove si trovava il caratteristico Caffè-Trattoria La Serenella già Attilio di Ruggero Pisani e si trova ancora il monumento ai caduti delle due guerre mondiali con l'angelo della vittoria ad ali aperte, vanto dei campesi. Più avanti si vede il palazzo Tesei - Del Buono, dove hanno passato giornate felici sia l'eroe Teseo Tesei che il grande scrittore Oreste del Buono. Il palazzo, appartenuto alle due gloriose famiglie, precede il giardino della famiglia Conti con la villetta di stile anni venti, dove l'Ambasciatore Luciano ha spesso trascorso giorni lieti assieme agli amici politici del suo tempo.
Passata la foce del fosso degli Alzi, c'è il palazzo della famiglia Tiscornia e, di fronte, il Club del Mare.

Lungomare - muretto e Club del Mare
Il tratto di lungomare su cui si affaccia il Club del Mare

Proseguendo fino ad un centinaio di metri, imponente fra palme alte e rigogliose, si presenta la splendida villa della famiglia di Zenobia Tesei e poi l'Hotel Select, di stile moderno.

Villa Zenobia Tesei
Villa fam. zenobia - Tesei


Quasi di fronte, sull'arenile, c'è Il Capriccio, l'antesignano del turismo campese. La famiglia Natucci ha creato verso il 1950, con forte volontà e spirito creativo, questa prima oasi per la balneazione, affiancando le diffuse baracchine padronali d'un tempo, in legno e tinte con fantasia. Proseguendo dall'Hotel si passa sull'area del Campello, dove i giovani dell'anteguerra e del dopoguerra giocavano al calcio. Poi, passando per La Marinella voluta dal dott. Danilo Colombi - medico condotto amato e stimato a Campo, si arriva sul terreno agricolo appartenuto a Cesare Battaglini, quindi all'Hotel Riva e al fosso del Bovalico, dove nel passato crescevano rigogliosi i giunchi che, essiccati, venivano utilizzati dai pescatori per fare le nasse. Nella zona c'era un vecchio monumento di granito con tre bandiere in bassorilievo, dedicato ai soldati Americani, Francesi e Inglesi caduti nel 1944 sulla costa campese. Sul luogo, antecedentemente, furono predisposti due distinti cimiteri, con solo tombe e croci, con i corpi dei combattenti sotto le due contrapposte bandiere. Oggi il monumento, fatto dall'artista scalpellino Giovanni Catta, si trova davanti al vecchio cimitero in presenza di due vecchi cannoncini della guerra 1915-18 assieme a una lapide, ivi spostata da La Foce, in memoria dei soldati senegalesi morti nell'attacco alla costa sud dell'Elba..
Immediatamente dopo il fosso si trova la villa della famiglia Nomellini, costruita nello stile tipico degli anni venti e successivamente modificata, dove ha trascorso anni sereni, assieme ad altri amici artisti, il pittore Plinio Nomellini. Segue, dopo qualche decina di metri, la villa del sen. Braccesi e l'Hotel Montecristo. Quindi si presenta la bella pineta di Campo dove c'era il Club Mediterranée, prima organizzazione turistica internazionale interessata alle bellezze della natura dell'Elba, che portò una ventata di novità particolarmente apprezzate dai giovani. Dal 1900 ad oggi Campo è molto cambiato, dapprima sotto l'impulso dell'agricoltura, poi della pesca e del turismo. Sono cambiati taluni aspetti esteriori del lungomare negli ultimi cinquanta anni particolarmente per la presenza di attività commerciali, moderni bar e nuove villette padronali.
Molto è cambiato ma sono rimasti quasi immutati i monumenti, maestri di storia e di vita passata, che si trovano soprattutto ai lati del lungomare Generale Fabio Mibelli e permane lo spirito isolano, pratico e talvolta isolato, critico ma impegnato nella sua specifica laboriosità, spesso aperto alle gioie della vita e continuamente immerso nella cultura toscana e nazionale. Presi da tali pensieri lo sguardo si posa sul Club del mare, posizionato sulla spiaggia, con la sua nuova sede e il giardino dall'altra parte della strada. E' stato per molti anni il salotto delle famiglie borghesi e nell'ultimo periodo è frequentato da vecchi marinai e giovani velisti. Quando il tempo è buono e soprattutto nel periodo estivo, sul muretto dietro il Club, nel tardo pomeriggio, è facile scorgere dei marinai che si incontrano seduti l'uno accanto all'altro. Qualche volta vengono occupate anche le due panchine di fronte. Si può vedere Scipione Greco, Elbano Battaglini, Flavio Zoppi , Angiolo Mattera, Fulvio Tesei, Franco Baldetti e Pasqualino Esercitato circondati da amici, talvolta perduti nei ricordi, altre volte attenti ai fatti del giorno. Esercitato Giovanni, con i suoi novantasei anni, ascolta silenzioso le chiacchere dei marinai. Idilio Spinetti e Egisto Spinetti, nella loro passeggiata sul lungomare, si fermano spesso e partecipano attenti alla conversazione. Tornano e rivivono i personaggi del passato della marineria campese. Si parla di Fausto Dini, Telemaco Mattera, Andrea Mattera, Celestino Spinetti, Enzo Battaglini, Terzo Ditel come pure di Giuseppe Spinetti, Bontempelli Agostino, Gaetano Danesi, Silvestro Bartolomei. E poi di Ezio Gimelli, Mario Dini e Ermanno Cocchi, che hanno navigato su rotte transoceaniche. Infine le parole toccano Ezio Battaglini, Michele Sirabella e Gigetto Mattera che nel recente passato hanno fatto parte del gruppo sul lungomare. Gli amici del muretto raccontano le avventure nei mari lontani, sui velieri o sui transatlantici, e i momenti drammatici passati lontano dalle famiglie. In questa atmosfera ogni tanto si discute con passione e si fanno pettegolezzi ... ma poi, alla fine, tutto finisce nel nulla e prevale l'ironia o il sarcasmo. Giampaolo Mattera, accompagnato dalla moglie Aurora e dai nipotini, fiancheggiando il muretto nella sua passeggiata serale sul lungomare, accenna un saluto. Mauro Dini assieme alla moglie Rita, verso il tramonto, rientra nel verde giardino della sua villetta che fronteggia il mare e, da lontano, saluta gli amici coinvolti in frenetiche conversazioni. Passano Rino Costantino in bicicletta e Claudio Baldetti a passo tranquillo, con la moglie Corinna appena uscita dal negozio dove lavora. Attraversando il ponte degli Alzi danno uno sguardo al muretto ormai silenzioso e continuano per la loro strada. Il lungomare di Campo offre ogni giorno al calar del sole, come pure nel dopocena, incontri di gruppi familiari e di nuovi amici. Continua la vita. Si rinnovano le amicizie vicino al mare mentre la spiaggia si ravviva ogni giorno con riti ripetitivi. Nascono nuovi amori e cadono le prime lacrime dagli occhi di giovani innamorati. I vecchi marinai, con passo lento e talvolta appesantito, dopo aver rivissuto le emozioni di un tempo, si avviano verso casa con l'animo colmo di speranza ed aperto al domani. Il lungomare continua la sua vita anche di notte accompagnato dal ritmo delle onde della spiaggia vicina e dai teneri sussurri notturni. I pensieri e le immagini danzano nella mente mentre dal moletto si continua ad ammirare il lungomare.
Il sole s'innalza e comincia a fare caldo. Sulla riva del mare vi sono delle barche a vela pronte a prendere il largo. Non ci sono più i ragazzi che fanno le gare con piccole barche a vela, costruite con le proprie mani utilizzando le pitte, sorta di rami secchi delle palme. Schiamazzano ancora i ragazzi mentre fanno competizioni sportive nel circuito costruito sulla sabbia usando palline di vetro colorato e non più le palle marine. Rimangono, i gabbiani che volano sul porto per allontanarsi, planando dolcemente, verso gli scogli alti e la collina vicina dove si trova l'antica torre a protezione del paese. Il golfo di Campo presto si anima di vele bianche che si allontanano dalla spiaggia e volano sulle onde di maestrale, biancheggianti, saltellanti, sussurranti. La vela tesa delle barche con i giovani al timone, mentre va ondeggiando verso l'orizzonte, saluta da lontano i bambini che giocano sul muretto lungo il viale seguiti dal sorriso amorevole dei nonni.
(2 settembre 2005)

Raffaele Sandolo
elbasun@infol.it
Quelli che il calcio ...quelli del Campello

Marina di Campo verso la metà del secolo scorso, negli anni della rinascita post-guerra, vista nella sua voglia di crescere e con la sua gioventù tesa a superare le difficoltà del momento
Marina di Campo, 20 settembre 2005


Che anni incredibili furono gli anni '50! Creativi e imprevedibili per noi giovani. Si viveva nel clima del dopoguerra. La gioventù partecipava alla vita del paese, in continuo divenire, fatta di rapporti semplici. I giovani, si arrabattavano, divertendosi. A Campo, come un po' ovunque all'Isola d'Elba, si stava vivendo nel disagio economico-sociale e nell'incertezza del futuro. Con la disperazione cominciava l'emigrazione in tutta l'Elba. Nello stesso tempo continuava lentamente l'immigrazione. La chiesetta dedicata a San Gaetano, con don Zanotti prima e don Aldo dopo, era il riferimento per pescatori, marinai con i loro bastimenti e contadini che si avvicinavano alla marina.
I primi giornali e le prime radio aprirono il cuore e illuminarono lo spirito. Pochissime erano le automobili e diffuse le biciclette. Non c'erano ancora gli elettrodomestici. Nel porto ormeggiavano i bastimenti che trasportavano botti di vino e barre di granito. Dovevano ancora arrivare i moderni yacht, motoscafi e panfili. Erano anni duri per i giovani. I giovanotti come Pasqualino Esercitato, Franco Gimelli, Vittorio Ricci, Alberto Matteoni e Giorgio Mattera, cominciavano, ognuno a proprio modo, ad affrontare seriamente la vita impegnandosi nel lavoro o in studi religiosi. Le difficoltà apparivano insuperabili in tutto il Comune. Ovunque si aveva una grande voglia di rinascere con una grande fiducia nel domani. Alcuni cominciarono a navigare sui bastimenti o sulle barche da pesca, altri a lavorare nelle campagne o nelle cave di granito. Altri ancora, supportati dalle famiglie, si dedicarono allo studio.
Io ero un ragazzo e cominciavo ad aprire gli occhi sulla vita.
I giovanotti frequentavano i locali del tempo come il "Circolino Quadrato" gestito da Antonio Ricci detto il Dottorino, la cantina di Antonietta la pozzuolana conosciuta come Montecatini, il bar da Elio, il bar dell'albergo Miramare, il bar-trattoria La Serenella, poi sul porto, il bar da Mario. Il cinema del paese dava spesso film italiani, d'avventura o d'amore. I ragazzi giocavano a "guardie e ladri", "ruba bandiera", a "scaricabarile" o si impegnavano in altri giochi semplici. Per gli amanti del mare c'erano le grandi nuotate nel golfo di Campo e talvolta la pesca. Si andava a totanare allo scoglietto e a pescare a bollettino alla grotta del vescovo. Infine c'era il Capriccio che aveva aperto la nuova attività balneare, proprio sulla spiaggia. Qui i ragazzi giocavano a Ping Pong e a Calciobalilla mentre i giovanotti ci andavano a ballare con le ragazze. C'era quella dei Soria di Sant'Ilario e poi "Vallechiara" con il cantante Galletti. C'erano le cabine padronali della buona borghesia, in legno, lungo la spiaggia. Si vedevano i primi turisti.
Il sogno più grande per molti di noi, giovani e meno giovani, era l'America. Si capiva il particolare momento che Campo stava vivendo e si sentiva il risveglio nell'aria. Soprattutto noi giovani eravamo attenti alle novità. Si volevano veder film americani, si leggevano giornaletti di Tex Willer che parlavano di caw-boy, si cantavano canzoni americane, si masticava la cingomma.
Era il risveglio della primavera, affascinati dalla vita, dopo il buio inverno della guerra.
Nell'atmosfera inebriante di quegli anni vivevo spesso sulle ali della fantasia ma partecipavo anche alla vita reale. Mio padre, nel periodo estivo portava me e mio fratello Mario a pescare con la Grazia, peschereccio di famiglia. Potevo vivere e lavorare sulla barca come gli altri pescatori e mi sentivo già un uomo come loro. Ogni due o tre mesi mi tagliavo i capelli andando in una delle due barberie esistenti: da Giulio, quando volevo ascoltare le discussioni di sport e dai fratelli Nesi quando desideravo ascoltare le piacevoli osservazioni sulle donne e sulla moda. A casa, durante il pranzo, avvenivano vivaci discussioni sportive fra me e mio fratello: io ero tifoso del Torino e lui della Juventus, a me piaceva Bartali e a lui Coppi.
Come altri ragazzi, terminate le elementari, ero impegnato negli studi. Con alcuni amici, frequentavo la scuola a Campo. Con me c'erano Renzo e Giancarlo Mazzarri, Alessandro Giffoni, Giancarlo Savigni, Sergio Fatarella, Alberto Gentini detto il Conte, Bruno Campatelli e Oddone Segnini. Altri andavano a studiare a Portoferraio con la corriera e ritornavano ogni giorno: Maestrini e Biisecchi erano gli autisti. Altri ancora andavano a studiare a Livorno ritornando a Campo per le feste. Soprattutto in estate ma anche per Natale e Pasqua incontravo gli amici Giampaolo Mattera, Claudio Baldetti con i fratelli Luigi e Antonio, Pietro Spinetti e il fratello Paolo, Piero Esercitato, Aldo Colombi e Cesare Ditel. Altri ancora, come Eugenio Spinetti, Ernesto Ferraro, Giorgio Bancalà e quindi i fratelli Adalberto e Fernando Bonempelli, proseguirono gli studi in continente. Piero e Paolo Danesi, figli di Tagliola, si spostarono con la famiglia in Lombardia dove continuarono gli studi.
Alcune famiglie, per difficoltà, non mandarono i loro figli a scuola dopo le elementari. Alcuni figli di pescatori come Piero Greco, Peppino Sandolo e Elio Vitiello come pure Elia e Fiora Sandolo dovettero fermarsi. Anche molti figli di contadini e di artigiani non poterono proseguire negli studi, dovendo lavorare. Antonio Battaglini, Giorgio Spinetti, Vincenzo e Agostino Dini detto Pipi, Lenzi Marcello detto Sciupalegno presero altre vie. Quasi tutte le ragazze di quel tempo non proseguirono negli studi superiori. Annamara Bandiera, Narcisa e Fiorella Battaglini, Ivana Segnini, Enrichetta e Mirella Spinetti, Antonietta Barsalini, Antonietta Galgani e Lida Perna che amavano molto la scuola dovettero fermarsi.
Mi sentivo un privilegiato grazie al sacrificio dei miei genitori che avevano accettato la mia scelta di vita e si impegnavano per sostenerla. Passavo il mio tempo fra libri e gioco. Nascevano i primi amori innocenti. Continuava ad affascinarmi, soprattutto, il gioco del calcio. Il 4 maggio 1949 era caduto a Superga l'aereo coi giocatori del grande Torino: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Quante lacrime!
La nostra domenica, a parte la Messa del mattino, era dedicata al calcio. Le radiocronache di Nicolò Carosio che raccontavano le gesta di Mazzola, Boniperti, Lorenzi, Pandolfini, Julinho, Liedholm.... ci incantavano. C'erano poche radio nelle nostre case e non c'era ancora la televisione. Sfogavamo il nostro impeto giovanile sul terreno del Campello, dove ora si trova l'Hotel Select, confinante con il terreno di Boeri su cui c'era una stele in granito in memoria dei caduti nello sbarco degli Alleati a Campo, la Marinella del medico Danilo Colombi su cui era installato un traliccio con un palchetto, i campi di Cesare Battaglini detto Cesaraccio e la spiaggia. A un lato del terreno di gioco c'erano i tamerici usati come spogliatoi e dall'altro c'erano dune sabbiose usate come gradinate per gli spettatori.
Negli '30 sul terreno del Campello si svolgeva il saggio ginnico di primavera. Gli alunni delle elementari, di fronte ai cittadini, ai maestri e al Podestà, partecipavano a gare sportive ed alla fine i migliori venivano premiati. Alcuni di essi, con movimenti coordinati di braccia e di gambe, componevano delle figure ginniche e quindi si sdraiavano dolcemente sul terreno configurando la scritta DUX. A quel punto un comando a voce, faceva scattare l'attenzione dei cittadini presenti che immediatamente alzavano, teso in avanti, il braccio destro facendo il saluto fascista
Alcuni giorni dopo, il terreno di gioco del Campello veniva rioccupato dai giovani, liberi e festosi per avventurose partite di calcio. E questo accadeva ogni anno a Campo fino ai giorni drammatici della guerra.
Nel dopoguerra, la vita riprese con la speranza e i giovani si riappropriarono completamente del Campello.
Grandi anni erano quelli, soprattutto in estate. Giorni meravigliosi dove si correva spesso scalzi, su un terreno minato di scalzapreti pungenti. Non ci potevamo permettere le scarpette con i chiodi e le scarpe usuali si sarebbero rotte o consumate presto.
Più tardi, verso la metà degli anni '50 cominciammo a formare delle squadre in modo meglio definito, pensando alle tre posizioni tecnico-organizzative: portiere, difesa e attacco. Le squadre erano fatte sul momento (lì per l'ì) utilizzando i giovani presenti. Intanto si sentiva sempre più la bellezza della vita. In primavera i ragazzi amavamo fare delle scampagnate con le ragazze ancora in fiore. Cory Gimelli, Rita Dini, Amelia Dini, Anna Gemelli, Cesira Baldetti, Rosaria Danesi, Elvia Galli, Enrichetta Spinetti, Piera Dini spesso cantavano canzoni popolari camminando per il piano e in collina. In estate, ogni tanto, ci piaceva portare le ragazze in barca e andare a Galenzana. Si pescava nel Bagnolo e si ritornava a casa con il paniere o la borsa piena di gnacchere, lampade e ricci di mare.
Ma il calcio … Ho ancora in mente l' immagine leggiadra di ogni amico nel proprio ruolo. Ubaldo Dini (terzino destro), Mauro Dini (mezz'ala destra), Oreste Tesei (mediano destro), Perez Marcello (Mediano destro), Mario Costantino detto Cibo (ala sinistra), Cesare Dini (mezz'ala sinistra), Elvio Mazzei (centromediano), Antonio Mazzei detto Tacchetto (portiere) e Michelino Adriani (terzino sinistro), Bruno Campatelli (mediano e mezz'ala destra), Renzo Mazzarri (terzino e mediano destro), Stefano Dini ( mediano sinistro), Marcello Colomo (mediano sinistro) e poi … mio fratello Mario (centravanti). Personaggi particolari del momento furono Giocondo Mazzei (portiere) fratello di Elvio e Ildo Cervini (ala destra): il primo per i le sue parate spericolate nella polvere e le sue borbottanti imprecazioni, il secondo per le frasi tipiche da lui coniate come "àlamelo!" (passami il pallone all'ala) e "bévitelo!" (supera l'avversario con un dribling). Sono contento quando ho la possibilità di vederli e posso ritornare agli anni passati. Incontro poco Renato Palmieri (portiere e arbitro) e Pier Luigi Dini (portiere e arbitro) in quanto sono andati ad abitare continente. Con piacere, parlo sovente con Elbano Battaglini, i fratelli Peppino e Mario Tacchella, Cesare Cervini, Silvano Spinetti, Nilo Pierulivo. Erano amici che giocavano poco o niente al calcio, ma, sicuramente, nel tempo libero avevano altre attrazioni. Le ragazze più grandi come Piera Ditel, le sorelle Maria e Antonietta Galli, Anna Palmieri frequentavano i giovani della loro età. Frattanto Peppino Battaglini, Mario Palmieri e Benito Greco prestavano attenzione alla politica. E anche Piero Medori, che era preso da altri interessi, ci frequentava poco.
Con me, continuò a giocare un gruppo unito e ristretto: Mauro, Ubaldo, Oreste. Ci vedevamo spesso il giorno precedente la partita, per parlare di giocatori, di ruoli, di tattiche. Rari erano gli allenamenti. Solo qualche partitella sulla spiaggia. Ogni anno si giocavano partite importanti: Scapoli contro Ammogliati (ricordo, fra gli Ammogliati, Ugo Frati, Francesco Cassese e Ciro di Frenna) ed anche Campesi contro Villeggianti (ricordo, fra i villeggianti, Mario Gasparinetti di Roma, la cui famiglia era ospitata in casa dei Selci in via Case Nuove).
Prima della guerra, i giovani di allora, Alceste Nomellini, Giovanni Gentini detto Nannino e Sirio Donnini scorazzavano sul campo da gioco. Poi arrivammo noi, proiettati verso l'avvenire. Dapprima ammiravamo i giovanotti, più bravi, come Fulvio Bontempelli detto Bambolobono, Franco Baldetti, Mario Galeazzi, Nedo Danesi, Glauco Gennari, Gigetto Mattera e Idilio Spinetti detto Tittoline. Quindi ... noi ... continuammo ad affermarci.
Il Campello, per me, per Ubaldo, per Cesare, per Stefano, per Nilo, grandi tifosi del Toro, ...era grandioso come il leggendario Stadio Filadelfia. Anche gli altri giovani ammiravano il loro lo stadio del cuore.
Eravamo quelli che amavano giocare al calcio, che avevano il calcio nel sangue.
Ci sentivamo quelli del Campello! Il Campello era il nostro stadio, lo stadio campese, la nostra bandiera!
Si puliva spesso noi stessi il terreno di gioco in terra battuta e si appianavano le buche. Il verde dell'erbetta era praticamente inesistente. Prima delle partite importanti si facevano le strisce bianche regolamentari utilizzando la calce e si mettevano i pali delle porte con la rete. Il pallone per giocare, agli inizi, era un normale pallone di gomma ma poi si dovette utilizzare un pallone di cuoio, più pesante. La novità portò molto entusiasmo ma ci costrinse ad usare le scarpe di gomma. E, tutto questo, veniva fatto con grande dedizione , con tanto sacrificio, con i nostri soldi.
Organizzavamo delle partite anche a Pianosa o a Marciana Marina.
Talvolta si giocavano, con grande impegno, delle partite che duravano 5 o 6 ore con il risultato finale a molte reti. Durante la partita i giocatori potevano assentarsi per ore, sempre sostituiti nella squadra. La stanchezza era grande ma il divertimento ancora più grande. Ci si riposava, nei brevi intervalli, ai bordi del campo o sulla spiaggia e si frenava la sete con l'acqua del rubinetto di Cesaraccio. Il pover'uomo ci faceva qualche urlo e spesso ci sgridava, ma poi finiva con l'accettare, bonario e rassegnato, che noi bevessimo l'acqua della sua fontina
Col tempo, verso la metà degli anni '50, io, che studiavo nel Collegio Salesiano di Borgo San Lorenzo, cominciai a giocare con la Robur, in Ia Divisione - Zona Firenze, con mia grande soddisfazione. Frattanto a Campo altri giovani si avvicinarono al nostro mondo: taluni amavano giocare come Massimo Cassese, Romelio Montauti, Umberto Foresi, Leonetto Spinetti, Nino Colomo e Nino Morganti, altri praticamente per stare insieme in allegra compagnia. Vanno Segnini, Giorgio Montauti, Elbano Ditel detto Napo, Marcello Paolini, Almiro Dini e Peppino Montauti erano fra quest'ultimi.
Negli anni successivi, Giuliano Retali , che aveva cominciato a fare l'università assieme a Pier Luigi Dini, si unì a noi cercando di dare una migliore impostazione e imponendo delle regole. Diventammo una squadra meglio organizzata e facemmo alcune partite "ufficiali" con l'Audace di Portoferraio, con la squadra di Marciana Marina e con la squadra di Pianosa. Ho ancora nelle orecchie le raccomandazioni di Giuliano nelle partite di Pianosa che ci chiedeva di non giocare duro e di fare molta attenzione per timore che nella squadra degli Agenti di Custodia fosse stato inserito, a nostra insaputa, anche qualche detenuto, che avrebbe potuto reagire pericolosamente.
Oggi, purtroppo, ho molti impegni e vado raramente a vedere le partite della Campese che gioca nel nuovo Stadio, bello e organizzato. Sono contento per i giovani d'oggi... ma il Campello era un'altra cosa. Il Campello era il nostro terreno di gioco e lo si curava come se fosse di nostra proprietà. E poi si aveva la passione per il calcio, si giocava insieme con un profondo spirito di amicizia, si era fortemente disinteressati e si facevano molti sacrifici anche contro la volontà dei nostri genitori. Si pagava di tasca nostra con rari aiuti esterni.
Quando ero lontano dall'Elba, nel mio girovagare in Paesi lontani per lavoro, ho talvolta pensato con nostalgia a quelli del Campello. Ora che sono ritornato all'Elba sono felice di rivedere quelli che amavano giocare al calcio. Purtroppo non ci sono Ubaldo, Oreste, Michelino, Marcello, Giocondo, Ildo ed altri amici ancora. Li immagino giocare, felici, su immensi prati verdi assieme a Piola, Meazza, Charles e a tanti altri gloriosi campioni del passato.
Per tutti noi il calcio fu una palestra di vita che permise di avviarci su strade sicure evitando le deviazioni pericolose. Pensavamo"Andiamo avanti !"… e ognuno prese la propria strada, spesso in accordo e talvolta in contrasto con la famiglia. Si andava avanti superando gli ostacoli che le consuetudini o le mantalità ristrette ci ponevano davanti. Non sempre si andava d'accordo ma mai si era su posizioni estreme. Fra noi c'erano sicuramente degli screzi sul campo da gioco e fuori ma gli attriti duravano poco. Prevaleva il senso della collaborazione, della comprensione, della stima reciproca, del rispetto anche in presenza di scherzi. Il nostro comportamento era spesso vivace e si faceva soprattutto attenzione a non superare determinati limiti. Si guardava in faccia all'avvenire, senza pregiudizi, fuori da ogni schema mentale precostituito, con spirito libero e tanta allegria nel cuore. Vivevamo la nostra etica morale anticipando i tempi. Eravamo figli di contadini, di marinai, di pescatori, di artigiani, di insegnanti, di impiegati e il rapporto fra noi era integrato e solidale al di fuori delle differenze sociali e culturali. Campo stava cambiando e, fra molteplici difficoltà, cercava altre vie di sviluppo. Noi, quelli del Campello, si andava avanti, ammirati, criticati e guardati con ironia. La passione per gioco del calcio era la nostra fede e ci teneva uniti nel nostro stile di vita.
Correvamo con i capelli al vento e la catenina d'oro in bocca. Bagnati di sudore, con i nostri gioiosi movimenti, puntavamo verso la porta avversaria, driblando, scattando e poi .... rete! Correvamo felici verso il nostro destino per un domani migliore.

Marina di Campo negli anni '50
Veduta di Marina di Campo negli anni '50 - clicca per ingrandire
Raffaele Sandolo - elbasun@infol.it





Pubblichiamo di seguito un articolo di Pier Augusto Giannoni dedicato a Luca Bontempelli, apparso sulla rivista del Centro Velico Elbano "La Piaggia" (n. 57 del 2002).

"UN RICONOSCIMENTO FORTEMENTE VOLUTO"

Da molti anni ormai frequento il Club del Mare di Marina di Campo. Prima come semplice Giudice di regata, poi come Direttore Sportivo, quindi come segretario e, dopo una breve parentesi senza incarichi, attualmente come Vice Presidente. Avendo fin da ragazzo coltivato la passione per lo sport della vela anche a livello agonistico (specie presso il Centro Velico di Rio Marina dove sono nato molti anni fa) mi sembrava e mi sembra tuttora logico cercare di insegnare ai giovani, o meglio ai giovanissimi, le prime rudimentali nozioni di quest sport meraviglioso.
Dapprima con i corsi di vela estivi, attualmente (da tre anni) in collaborazione con la scuola facendo regolari lezioni alle quarte classi elementari due volte alla settimana per tutto l'anno scolastico. Ebbene durante le prime lezioni, tengo moltissimo a raccontare la storia di un giovane di Marina di Campo, adesso un pò cresciuto, che iniziando dai famosi corsi Olimpia con i vecchi Fljng Junior arancioni, con tanta passione, competenza e sacrifici è arrivato adesso, passando dalle prime regate zonali attraverso il circuito delle regate d'altura, le classi olimpiche e più importante di tutti la Coppa America, ad essere oggi uno dei più affermati e soprattutto competenti giornalisti sportivi della specialità: Luca Bontempelli.
Luca nasce nel 1959 da Giuliano e Liana Tesei ed abita a Livorno dove frequenta le scuole e l'istituto Tecnico Nautico Alfredo cappellini diplomandosi nella sezione Capitani.
E' doveroso e obbligatorio una parentesi per ricordare con affetto la grande figura di suo padre Glauco, ufficiale della Marina Militare nella 2a guerra mondiale, citato in alcuni libri di storia per azioni militari che lo videro giovane eroico protagonista in diversi scontri avvenuti nel mediterraneo con la flotta inglese.
Comandante in seguito di navi petroliere a lungo corso finì la sua carriera da ottimo Pilota nel porto di Livorno e non ultimo fu fondatore insieme ad altri amici e poi presidente del Club del Mare di Marina di Campo. Tornando a Luca è sintomatico sapere che il servizio militare fu da lui prestato sulla nave scuola "Amerigo Vespucci" nave, guarda caso a vela, vanto della nostra Marina Militare.
Da qui inizia una notevole escalation nel mondo della vela quasi professionistica, dapprima con Koala di Spadolini, fino alla famosissima Brava di Landolfi e poi il Circuito di Coppa America, le classi olimpiche Star e Soling e il gionalismo sportivo sulla Gazzetta dello Sport e una parentesi inglese dove a Londra ha diretto per oltre un anno una rete televisiva specializzata in trasmissioni meteorologiche. E' doveroso infine citare i principali risultati ottenuti a livello agonistico internazionale come il 2° posto all'Admiral Cup su Brava nel 1983, il 1° posto nella famosa regata del Fastenet nel 1983, il 1° posto nel campionato mondiale 12 metri su Victory nel 1984, la partecipazione alla Coppa America su Italia 2 nel 1987, il 2° posto al campionato europeo nella classe Star nel 1987, il 2° posto nella selezione olimpica della classe Soling insieme ai fratelli Chieffi nel 1988, e tante altre importanti affermazioni. Infine la medaglia d'oro al valore atletico attribuitigli dal C.O.N.I..

Pier Augusto Giannoni



28 settembre 2005 - Luca Muti racconta la sua stagione su L'Equipe insieme a Daniele Incatasciato, con una simpatica presentazione
Il file con il racconto di Luca Muti, veramente molto simpatico ed interessante, della sua stagione 2005 su L'Equipe è scaricabile cliccando qui. Il file (200 kb circa) va aperto con Microsoft Powerpoint (o simile), in alternativa è disponibile il visualizzatore di Powerpoint scaricabile gratuitamente dal seguente sito.




10 gennaio - Pubblicato un interessante articolo di Raffaele Sandolo dal titolo: "Sguardo dalla Torre di San Giovanni"
Pubblichiamo su questo sito un articolo veramente molto interessante a firma di Raffaele Sandolo dal titolo "Sguardo dalla Torre di San Giovanni - Passeggiata di mezza collina da Sant'Ilario a San Piero ammirando il mare e il piano, all'ora del tramonto". il brano parla del paesaggio campese con il mare, la spiaggia, il piano e le colline. Praticamente è un pezzo di storia: ritorno al passato con immagini del presente. All'articolo sono allegate delle bellissime foto storiche dove alcuni nostri soci potranno sicuramemente trovare dei parenti.


Marina di Campo dalla Torre di San Giovanni


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